Gli acidi grassi: cosa sono e quali preferire

acidi grassi - giovanna pitotti biologo nutrizionista

Gli acidi grassi sono i componenti fondamentali dei lipidi e sono costituiti da una catena di atomi di carbonio terminante con un gruppo carbossilico (-COOH). Gli acidi grassi hanno caratteristiche diverse a seconda della lunghezza della catena carboniosa e della presenza, del numero e della posizione dei doppi legami.

 

Gli acidi grassi saturi sono quelli che non presentano doppi legami. Hanno un alto punto di fusione e si presentano in natura allo stato solido. Sono presenti sia nei grassi di origine vegetale (olio di cocco, olio di palma, ecc.) sia in quelli di origine animale (latte, strutto, sego, ecc.), dove prevalgono. Gli acidi grassi saturi hanno un forte potere aterogeno (favoriscono l formaione di placche aterosclerotiche), innalzando la colesterolemia. Tra di essi i più aterogeni sono il palmitico (presente nei grassi animali e nell’olio di palma) e il miristico (presente in tutti i grassi animali e nell’olio di cocco); il meno aterogeno è lo stearico, che nell’organismo viene trasformato in acido oleico.

 

Si dicono insaturi gli acidi grassi che presentano uno o più doppi legami (monoinsaturi -MUFA- nel primo caso, polinsaturi -PUFA- nel secondo). Questi doppi legami possono esistere in due conformazioni, cis e trans a seconda della posizione nello spazio degli atomi di carbonio. Gli a.g. cis sono più fluidi ed hanno un punto di fusione più basso; gli a.g. trans sono ottenuti attraverso modificazioni tecnologiche nell’ambito della preparazione di margarine e oli di semi. Tra i MUFA il più importante è l’acido oleico, particolarmente presente nell’olio di oliva (60-80%), che per il suo elevato punto di fumo rende il prodotto particolarmente adatto alle fritture. L’olio di oliva è inoltre ricco di tocoferoli e polifenoli che gli conferiscono potere antiossidante.

 

Gli acidi grassi trans sono ottenuti per idrogenazione degli acidi grassi insaturi, processo in cui vengono rotti i doppi legami e si ottengono acidi grassi saturi. Questo processo è molto utilizzato dalle industrie alimentari per diversi scopi: aumentare la consistenza del prodotto, renderlo più compatto, spalmabile e aumentare i tempi di conservazione. Sono ricchi di acidi grassi idrogenati gli snacks, i prodotti da forno, le margarine e i prodotti da spalmare. Le conseguenze negative che questi acidi grassi riportano sulla salute consistono nell’aumento della componente LDL del colesterolo (il cosiddetto “cattivo”) e la diminuzione della frazione di HDL (colesterolo “buono”) con conseguente aumento della suscettibilità allo sviluppo di patologie cardiovascolari.

 

In relazione alla posizione del doppio legame rispetto al metile terminale dell’acido grasso, distinguiamo tra i PUFA le serie omega, tra cui i famosi a.g. omega-3 e omega-6. I precursori di questi acidi grassi (acido alfa-linolenico e acido linoleico) sono definiti essenziali in quanto il nostro organismo non possiede gli enzimi in grado di sintetizzarli a livello endogeno.

 

Gli acidi grassi che appartengono alla serie omega-3 sono l’alfa-linolenico (ALA), l’eicosapentaenoico (EPA) e il docosaesaenoico (DHA).Tutti hanno un potere positivo nella prevenzione delle patologie cardiovascolari, in particolare l’ALA ha proprietà antiaggreganti e antitrombotiche, l’EPA aumenta la frazione di colesterolo HDL e inibisce la sintesi di VLDL (lipoproteine), il DHA ha effetti ipotrigliceridemizzanti, neurotrofici (per questo consigliato alle donne in gravidanza) ed antinfiammatori. Importanti fonti di EPA e DHA sono diversi tipi di pesce (soprattutto salmone, sgombro, alici, tonno e krill), invece ricchi di ALA sono i semi di lino, di colza, di canapa, di mirtillo rosso, l’avocado e le noci.

 

Alla serie omega-6 appartengono l’acido linoleico, il gamma-linolenico, il doimo-gamma-linolenico e l’arachidonico. Questi acidi grassi sono contenuti soprattutto nel germe di grano, nei semi di sesamo e girasole, nelle noci , nelle mandorle e nelle olive. Il potere anticolesterolemizzante è dovuto soprattutto all’abbassamento della frazione di LDL che si evidenzia quando l’apporto di omega-6 viene sostituito nell’alimentazione agli acidi grassi saturi o trans.

 

Un eccesso di acidi grassi omega-6 rispetto all’introito di omega-3 può rappresentare un fattore di rischio per malattie infiammatorie e autoimmuni, soprattutto in virtù della competizione a livello recettoriale. Per questo motivo la SINU (società nutrizione italiana) raccomanda un rapporto omega-6 omega-3 di circa 4:1.

 

Secondo i LARN (livelli di assunzione raccomandati di nutrienti ed energia) 2014 la quota di lipidi da assumere rispetto al quantitativo totale di energia è tra il 20 e il 30% di cui i grassi saturi devono costituire una porzione <10%.