L’olio di colza, un nuovo nemico sulle nostre tavole?

Cos’è l’olio di Colza?

L’olio di colza è un olio vegetale ottenuto attraverso la spremitura dei semi della colza, pianta appartenente alla famiglia delle Brassicaceae.  Secoli fa l’olio di colza veniva utilizzato come combustibile, il suo utilizzo alimentare risale al XIX secolo. Negli anni ’70 vennero fatti diversi studi scientifici su animali da laboratorio in cui vennero alla luce effetti tossici in seguito ad un utilizzo eccessivo. Il componente che ha attirato l’attenzione è l’acido erucico, un acido grasso monoinsaturo indicato da molte evidenze come cardiotossico, in grado cioè di produrre lesioni cardiache. L’industria alimentare ha cercato di rimediare a questo inconveniente creando, prima con metodi tradizionali e poi con l’ingegneria genetica, nuove varietà  con un ridotto contenuto di acido erucico. La prima varietà venne creata in Canada e prese il nome di olio di canola (da CANadian Oil Low Acid). In questa varietà il contenuto di acido erucico è inferiore al 5%.  Successivamente sono state create diverse varietà di olio di colza ottenute modificando le percentuali di acidi grassi.

Composizione dell’olio di colza:
  • acidi grassi saturi 6%: miristico, palmitico, arachidico, stearico, docosanoico;
  • acidi grassi monoinsaturi 62%: erucico (fino al 60%), oleico, gondoico, palmitoleico;
  • acidi grassi polinsaturi 30%: linoleico e linolenico.

Il suo impiego nell’industria alimentare può essere dovuto a diversi motivi:

  • Economico. In virtù del basso costo è più utilizzato rispetto ad oli più “nobili” quindi lo ritroviamo in merendine, prodotti da forno, prodotti da discount, zuppe conservate, oli vegetali generici e margarine.
  • Chimico. E’ utilizzato dalle grandi ristorazioni per la frittura in quanto ha un punto di fumo molto elevato in virtù del massiccio contenuto di acido oleico, acido grasso monoinsaturo molto stabile grazie alla sua resistenza all’ossidazione. L’olio di colza utilizzato per le fritture deve avere un basso contenuto di acido linolenico, acido grasso polinsaturo meno stabile e facilmente portato all’irrancidimento, per questo motivo è stata creata in laboratorio una variante a bassa percentuale di acido linolenico. Gli oli con alti livelli di acidi grassi polinsaturi come l’olio di semi di girasole, l’olio di semi di mais, l’olio di soia e l’olio di colza originale non sono ideali per la frittura perchè sono meno stabili e ad alte temperature producono metaboliti tossici.
  • Legislativo. Negli ultimi anni c’è stata una forte attenzione verso gli acidi trans, detti anche parzialmente idrogenati. Sono acidi grassi ottenuti in laboratorio attraverso l’aggiunta di idrogeno a oli vegetali liquidi al fine di  renderli più solidi e più stabili, quindi più adatti alla lavorazione di prodotti processati a livello industriale. La WHO (World Health Organization) e la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ne raccomandano un utilizzo inferiore all’1% delle calorie totali della dieta a causa dei potenziali rischi sulla salute: patologie cardiovascolari (infarto, ictus, aterosclerosi) e cronico degenerative (Morbo di Alzheimer, ecc.). Per questo motivo in molti prodotti vengono sostituiti da altri tipi di oli con caratteristiche chimico-fisiche simili.

L’FDA (2006) afferma che gli studi sono contrastanti ed alcune evidenze scientifiche limitate e non conclusive, suggeriscono che un utilizzo di 19 gr di olio di canola al giorno possa ridurre il rischio cadiovascolare in virtù del contenuto di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 (linolenico). In realtà c’è da dire che lo stesso quantitativo di acidi grassi polinsaturi si può assumere da altre fonti vegetali più salutari quali le noci e l’olio di lino senza dover far ricadere la propria scelta su un prodotto “costruito” in laboratorio e trattato con solventi. La legislazione impedisce la commercializzazione di oli o alimenti che abbiano un contenuto superiore a 50gr/kg di acido erucico, 10gr/kg per gli alimenti per lattanti.

Facciamo un breve confronto con altri tipi di olio:

Olio extra vergine di oliva:

  • 75% monoinsaturi (oleico 72%), 14% saturi, 8% polinsaturi

E’ il migliore. A crudo e in cottura.  Contiene vitamine liposolubili (tocoferoli =vit E, B-carotene) e fitocomposti (steroli e polifenoli) che gli conferiscono spiccate qualità antiossidanti. L’acido oleico gli conferisce buone caratteristiche di resistenza alle alte temperature, quindi lo rende ottimo anche per le fritture. Ottimo per la conservazione degli alimenti (sott’olio) grazie alla presenza dei polifenoli e dei tocoferoli che lo rendono molto stabile a livello termico e resistente all’ossidazione, quindi meno deteriorabile. molti studi scientifici gli conferiscono un ruolo protettivo a livello cardiovascolare.

L’olio evo è spremuto a freddo, l’olio di colza e tutte le sue derivazioni, sono estratti utilizzando solventi, calore o pressione e in seguito sono sottoposti a diversi processi di raffinazione che utilizzano composti chimici per togliere odori sgradevoli e renderlo più limpido.

Olio di cocco:

  • 87% saturi (caprico, laurico, miristico, palmitico), 6% monoinsaturi (oleico), 2% polinsaturi

Una buona percentuale degli acidi grassi del cocco sono saturi a media catena, e grazie a questa caratteristica sono meglio assorbibili e più idrosolubili rispetto a quelli saturi a lunga catena. Molto utilizzato per gli sportivi perché produce energia senza incidere sui livelli ematici di colesterolo. Buono anche per la frittura perchè gli acidi grassi saturi gli conferiscono molta stabilità.

Olio di palma:

  • 47% saturi (palmitico, stearico, laurico), 39% monoinsaturi (oleico 38%), 13% polinsaturi

Molto usato nelle preparazioni da forno o per la frittura per la sua stabilità e il suo costo esiguo. Ha molti grassi saturi a lunga catena tra cui il palmitico al centro di diverse controversie riguardo il suo effetto sulla salute. (per approfondimenti il mio articolo: olio di palma).

L’olio di colza fa male?

Come per tutto vale il principio: è la dose che fa il veleno. Mangiare quotidianamente prodotti confezionati e industriali porta ad un sovraccarico di sostanze dannose quali coloranti, conservanti, additivi e di altri ingredienti, il cui accumulo può portare a rischi per la salute. Detto questo, evitando terrorismi e comportamenti ossessivi al supermercato, è bene tenere a mente come regola generale che la scelta di prodotti “naturali” = cibo vero, non processato a livello industriale, permette di assumere più sostanze benefiche per l’organismo come vitamine, fitocomposti e acidi grassi essenziali e ridurre al minimo sostanze nocive.

Dottoressa Giovanna Pitotti

(Immagine da: http://www.raccontidamangiare.com)